giovedì 24 gennaio 2013

La mia Chicago su Turisti per caso

Oggi è uscito il n.50 della rivista Turisti per caso. A pag.52 c'è un trafiletto scritto da me!


Hanno pubblicato una piccola parte del mio diario su Chicago, precisamente le mie indicazioni su pernottamento e pasti, con alcune foto. Purtroppo sono stati fatti molti tagli, non hanno inserito i miei commenti relativi ai ristoranti visitati, quindi chi legge non può capire il motivo di queste scelte.
Non so se chi leggerà la rivista prenderà in considerazione i miei suggerimenti.
Hanno citato il ristorante Frontera Grill, dicendo solo che si mangia messicano. Uno potrebbe chiedersi se ha senso mangiare messicano a Chicago...beh, se il proprietario è Rick Bayless, una delle menti più geniali e creative del panorama gastronomico internazionale, allora ovvio che ne valga la pena!



Lo stesso discorso vale per il Weber Grill, non credo basti dire che cucinano carne alla brace. Io lì ho mangiato l'hamburger migliore della mia vita, per chi passa da Chicago è una tappa obbligata! Weber grill è il nome di un'importante ditta che produce barbecue,  e nei ristoranti che possiede nella regione dei Grandi Laghi vi mostrano come usarli al meglio, infatti oltre a gustare ottimi hamburger e bistecche, vedrete i cuochi all'opera sopra i barbecue fiammeggianti. Il vostro hamburger verrà cucinato praticamente davanti a vostri occhi.


Capisco però che non si possano inserire tutti questi dettagli in un articolo su una rivista. Mi ha fatto comunque molto piacere essere pubblicata, è una bella soddisfazione, e sono contenta che sia successo con Chicago, perchè è una città straordinaria. Enormi spazi verdi, grandissima architettura, una sconfinata pianura d'acqua, con un sottofondo blues che la ricopre di malinconia, ecco cos'è Chicago.
E un giorno, cari amici, ci tornerò.

domenica 20 gennaio 2013

Il profumo dei ricordi

Stai camminando per strada, pensando ai fatti tuoi, e all'improvviso da una finestra aperta esce profumo di arrosto,  l'odore ti avvolge e pensi che è proprio il profumo dell'arrosto che faceva tua nonna quando eri piccolo, e all'improvviso davanti a te hai delle immagini, la sottana di cotone, il grembiule coi fiori, il borbottare di una pentola, un sorriso consolatorio e un cerotto per il tuo ginocchio sbucciato.
Quel profumo ti ha riportato, come per magia, in quella cucina dove sei diventato grande.
Chi non ha mai provato questa sensazione? Una signora col profumo che usava tua mamma, un bambino che mangia una Big Babol di cui eri ghiotto quando avevi la sua età, sono tanti gli odori che ci riportano indietro.
Come i ricordi si legassero ai profumi l'avevo intuito fin da bambina. Quando andavo in Alto Adige coi miei genitori, facevamo sempre una gita a Samnaun,  in Svizzera, il papà faceva benzina, e poi compravamo cioccolata e profumi. A me piaceva la colonia 4711, la usavo per tutta la vacanza. Se poi per qualche tempo non la mettevo, appena aprivo la boccetta mi esplodevano addosso immagini delle vacanze, la colonia sapeva di montagna, di corse sui prati, della raccolta dei funghi e dei frutti di bosco, e mettendola mi sentivo avvolta da una nube di bei ricordi. Una sensazione bellissima.

Da qualche tempo ho preso l'abitudine di creare appositamente dei ricordi legati ad un profumo: ogni volta che faccio un viaggio compro un profumo nuovo da usare durante la vacanza, di solito un'acqua profumata, ma va bene anche una crema, un deodorante, qualsiasi prodotto che abbia un profumo nuovo, che non uso abitualmente. Una volta a casa smetto di usarlo, e lo riutilizzo mesi dopo, magari una mattina che sono un pò malinconica, e magicamente i ricordi si materializzano. E' più del semplice ricordare, è rivivere.
In questi giorni sono tornata da Londra, con la classica depressione post viaggio. Ho pensato che fosse il momento giusto per tirare fuori la mia colonia al limone. L'avevo comprata nel 2011 durante il viaggio a Chicago.
Avendola nel frattempo finita, nel 2012 durante il viaggio in California oltre a comprarne una al cocco e lime per quel viaggio,  avevo ricomprato una boccetta piccola di quella al limone, e per 6 mesi l'ho tenuta nell'armadio. Quando me la sono spruzzata addosso, tre giorni fa, è stato come ritornare là, sulla Gold Coast del Michigan, a passeggiare in riva al lago, a mangiare pesce, ho ritrovato la meraviglia di fronte alle cascate del Niagara...
Ho una scatola con tutti i profumi comprati durante i viaggi, sono un bene prezioso che continuerò ad accumulare.
Provateci anche voi, non ve ne pentirete davvero!

martedì 15 gennaio 2013

Chicken gyoza - il responso

Cari amici, sono veramente soddisfatta dei miei ravioli Wagamama Style, realizzarli richiede un bel pò di tempo, ma ne vale davvero la pena. Se decideste di prepararli fatene un bel pò, così potrete congelarne una parte per un'altra cena.
I miei ospiti li hanno graditi, dandomi grande soddisfazione.
Ecco una foto (non sono riuscita a farne altre perchè eravamo un pò presi dai preparativi).


Ed ecco le indicazioni per la cottura:

Per prima cosa scaldate un wok o una padella antiaderente.
Poi aggiungete un paio di cucchiai di olio di sesamo. Quasi subito l'olio comincerà a sfrigolare, a quel punto mettete delicatamente in padella tre o quattro ravioli (non devono essere troppo vicini tra loro), fateli cuocere a fiamma vivace per un paio di minuti, fino a che un lato sarà bello colorato, poi abbassate la fiamma, girateli sull'altro lato, e fateli cuocere un altro minuto. Poi vanno tolti dalla padella, così potrete cuocerne altri tre o quattro. Quando i ravioli saranno stati rosolati, rimetteteli tutti nella padella ancora calda, con tre cucchiai d'acqua, coprite e rimettete sulla fiamma al minimo per un paio di minuti, più un minuto a fuoco spento.
Serviteli accompagnati con della salsa di soia a parte (io alla salsa ho aggiunto dello zenzero fresco tritato).
Slurp slurp gnam gnam.
Alla prossima!

domenica 13 gennaio 2013

Un salto in Oriente

Chi mi conosce sa quanto adoro la cucina di Wagamama, e in generale la cucina giapponese. Non posso dire di essere un'esperta (ma prima o poi andrò in Giappone a farmi una cultura seria), ma quello che ho assaggiato fino ad ora mi piace molto, e mi piace in particolare lo stile Wagamama, semplice e gustoso.
Sto per proporre a degli amici coraggiosi una cena giapponese, con alcune ricette di questo fantastico libro:



Primo piatto: i chicken gyoza.


Nel libro dicono di usare le cialdine già pronte, ma io che amo complicarmi la vita voglio fare anche la pasta del raviolo, anche perchè in passato ho già preparato i ravioli al vapore cinesi e non è un'impresa difficile. Certo, non sono belli come quelli dei ristoranti, ma il gusto è ottimo, e quindi, per chi volesse cimentarsi nell'impresa, ecco tutte le indicazioni:

2 tazze di farina 00
un pizzico di sale
1/2 tazza circa di acqua bollente

 Disporre la farina con il sale in una ciotola e versarvi sopra poco a poco l'acqua calda. Impastare fino ad ottenere una massa soda e liscia.


Poi far riposare l'impasto per un'ora coperto da un canovaccio pulito.

E adesso veniamo al ripieno, second la ricetta di Wagamama:


100 gr di castagne d'acqua
200 gr di cavolo cappuccio (la ricetta originale prevede una parte di cavolo cappuccio e una parte di cavolo cinese, che però facevo fatica a procurarmi, quindi ho usato solo il primo)
30 gr di erba cipollina
250 gr di petto di pollo
1 cucchiaio di amido di mais
1 cucchiaio di oyster sauce (io non l'ho trovata quindi ho utilizzato la fish sauce)
1 cucchiaio di olio di sesamo
1 cucchiaio di salsa di soia chiara (nei negozi specializzati trovate la salsa di soia scura, particolarmente densa e da usare in piccole quantità, e la salsa di soia chiara, che è molto simile a quella che si trova ormai in tutti i supermercati)

Tritare nel mixer le castagne d'acqua insieme al cavolo. Non deve essere un trito troppo fine.


Poi il composto va trasferito in una ciotola capiente, ma prima va strizzato un pò per togliere l'eccesso di acqua. Aggiungere l'amido, l'erba cipollina tritata, il pollo sminuzzato (io l'ho tritato col coltello), e i liquidi.
Impastare bene con le mani per amalgare gli ingredienti.


Nel frattempo la pasta è pronta per essere lavorata. Bisogna formare dei cilindretti, che poi vanno tagliati a fettine.


Ogni fetta va stesa con il mattarello, deve essere molto sottile, poi con un coppapasta o un bicchiere la rifilate per ottenere un cerchio perfetto. Ovviamente va bene anche il metodo italiano, ovvero stendere l'impasto in un'unica sfoglia, e poi ritagliare i ravioli, così come si fa per la nostra pasta fresca ripiena.
A meno che non si abbia una sfogliatrice però, secondo me è più facile stendere sottilmente piccole porzioni di pasta.
Ed ecco il momento clou, ovvero la preparazione del raviolo. Ho guardato alcuni tutorial per imparare a realizzarli a mano, ma sapevo che non sarebbe stato facile dare ai ravioli le caratteristiche pieghe che li differenziano da altri tipi di pasta ripiena, così ho deciso di semplificarmi un pò le cose e sono andata al mio negozio cinese di fiducia, Queen Market a Villafranca di Verona, a comprare le formine. Me la sono cavata con 3,60 euro per 4 formine di grandezze diverse. Ho utilizzato le due più piccole per creare i miei ravioli.


La procedura è molto semplice, si posiziona la pasta sulla formina, si schiaccia un pò, poi con un pennello si bagnano i bordi, in modo che il raviolo una volta chiuso si sigilli perfettamente, e si mette al centro un cucchiaino colmo dell'impasto del ripieno (la quantità ovviamente varia a seconda della grandezza del raviolo).


E poi non resta che chiudere la formina, bisogna schiacciare un pò, ed ecco a voi un bel raviolo!


La forma è più quella dei ravioli ripieni di verdure, ma sono certa che i miei commensali non si formalizzeranno troppo.
Ho preparato 12 ravioli medi, e 25 circa piccoli.
Mi è avanzata un pò di pasta, che ho congelato, così non si butta via niente.
Per il momento i ravioli riposano nel freezer, in attesa di essere cucinati questa sera.
Seguirà quindi un post con le indicazioni per la cottura, e il responso finale.
Incrociamo le dita!

Considerazioni finali per chi volesse cimentarsi nell'impresa: non tutti gli ingredienti sono reperibili nei normali supermercati, quindi cercate un negozio dove vendano prodotti etnici, credo ce ne siano ormai in ogni città.
E poi calcolate almeno tre ore di lavoro, quindi armatevi di entusiasmo e pazienza.
Stasera scopriremo se ne è valsa la pena...





lunedì 7 gennaio 2013

Adorata Londra

Eccoci qui, di nuovo a casa, dopo cinque meravigliosi giorni a Londra.
Ci vorrà un pò a smaltire la tristezza del rientro, e progettare un nuovo viaggio aiuta (Parigi? Dublino? Budapest? Mumble, mumble...), intanto vi racconto qualcosa di quest'ultima vacanza.
Partiamo dal volo: abbiamo viaggiato per la prima volta con Easyjet, partenza da Verona e arrivo a Gatwick. Prezzo 247 euro a/r per due persone con una valigia da 20 kg in stiva. Non male, si tratta di una compagnia low cost, ma è molto meglio di Ryanair, per un volo di un paio d'ore va più che bene. Arrivare a Gatwick è più comodo rispetto a Stansted. Oltre al treno Gatwick Express, ci sono treni di altre compagnie, (noi ne abbiamo preso uno della Southern), che vi permettono di risparmiare qualche sterlina. La differenza rispetto al Gatwick Express, è che questi treni fanno un paio di fermate intermedie, prima di arrivare a Victoria, impiegando una decina di minuti in più.
Da Gatwick ci sono treni diretti per diverse stazioni, oltre a Victoria, secondo me conviene studiarsi un pò la mappa della città e prendere il treno più comodo per raggiungere la zona di destinazione.
Per raggiungere il centro di Londra ci sono anche vari autobus, i prezzi sono sensibilmente più bassi, ma il viaggio dura più di un'ora e mezza, praticamente quasi quanto il volo, non so quanto ne valga la pena.
Abbiamo alloggiato al Premier Inn in zona Victoria, hotel che straconsiglio.


E' una catena presente in tutta la Gran Bretagna, con molti hotel anche a Londra; noi abbiamo scelto Victoria perchè volevamo soggiornare vicino a Belgravia, ma ce ne sono ovunque, con prezzi vari, a seconda della zona. La colazione è opzionale e costa 9 sterline, ma le vale tutte, offrendo un buffet con tutti i cibi della tipica colazione inglese (uova, pancetta, salsicce, pomodori, hash browns, funghi, fagioli...), vari tipi di pane, pancakes, muffin, yogurth, succhi, brioche, cereali di vari tipi, bevande calde. Tutto a volontà.


 L'hotel ha anche un ristorante, comodo se la sera si è troppo stanchi per uscire ma di qualità medio bassa, e un bel bar.
Le camere sono piccole ma ben strutturate, molto pulite, con letti e cuscini comodissimi.


 L'unico neo è il wifi, abituati agli Stati Uniti dove è gratuito ovunque, è seccante trovarlo a pagamento, ma ci siamo accontentati dei 30 minuti quotidiani gratuiti, e poi ci siamo collegati  da Starbucks, dove invece è gratuito a tempo illimitato. Ma quello del wifi è veramente un dettaglio da poco, l'hotel merita davvero e ci torneremo sicuramente.

Riguardo ai pasti, oltre a Wagamama che è sempre una garanzia e di cui ho già scritto, vi segnalo un'altra catena, stavolta di cibo messicano, dove abbiamo mangiato veramente benissimo: Wahaca.
Ne avevamo già sentito parlare dai nostri amici Daniele e Antonella, che ne sono clienti affezionati, ma negli ultimi viaggi a Londra non avevamo avuto voglia di messicano. Quest'anno invece siamo stati al ristorante presente a Canary Wharf, e siamo rimasti deliziati. Le scelte sono davvero tante, hanno vari assaggi di tacos, tostadas e quesadillas, stile tapas, e poi dei piatti più consistenti, la guacamole è buonissima, l'ambiente gradevole, e le porzioni abbondanti.



Niente a che vedere coi ristoranti messicani in Italia, che sinceramente non sono un granchè (almeno quelli di Verona, secondo me). In tre abbiamo speso 50 sterline. La cosa simpatica è che invece dei biglietti da visita hanno delle scatoline che sembrano di fiammiferi, ma in realtà contengono semi di peperoncini.
Un altro ristorante che vi segnalo è Ken Lo's Memories of China, un ristorante  cinese a Belgravia, molto chic e con piatti veramente buoni, dimenticate i ristoranti cinesi nostrani kitsch e standardizzati.



Qui gusterete piatti freschi e sapori genuini, in un ambiente elegante ed essenziale. In tre abbiamo speso 101 sterline.
Parlando di pub invece, oltre al nostro amatissimo Duke of Wellington già citato, abbiamo apprezzato molto The Hornyman at Quay's al London Bridge, dove ho mangiato una squisita chicken and mushrooms pie, mentre i miei compagni di viaggio hanno ordinato il celeberrimo fish and chips.


Se vi viene voglia di qualcosa dolce fate un salto da Patisserie Valerie, noi siamo stati a Victoria, ma ne ho viste altre in giro per la città. Fanno dei dolci buonissimi, abbiamo assaggiato strawberry gateau, citron tart e eclair al cioccolato, tutti buonissimi e con giusta dose di dolcezza. Un'ottima merenda.

Essendo stati a Londra varie volte, l'abbiamo vissuta in tranquillità, visitando i luoghi a noi più cari, e facendo delle piacevoli passeggiate in riva al Tamigi. E mangiando ovviamente :-)
Dietro al nostro hotel abbiamo beccato un negozietto di cappelli fantastico, alla prima occhiata sembrava orrendo, ma guardando meglio dietro la vetrina si nascondevano cappelli deliziosi. Così l'ultimo giorno siamo entrati, prima siamo stati travolti dall'odore di naftalina, poi ci siamo addentrati attraverso il corridoio strettissimo, con tutti quei cappelli che sembravano volerci esplodere addosso, e abbiamo conosciuto i proprietari, una coppia anziana, lei brusca e frettolosa, lui preparatissimo e divertente. In cinque ci stavamo a malapena, quel negozio è veramente un buco, ma non potevamo uscire a mani vuote...
E alla fine siamo tornati a casa, con nuovi ricordi, sapori ritrovati, e i nostri bellissimi cappelli.