martedì 30 dicembre 2014

Barbuda: il viaggio che ancora non ho fatto

Ogni giorno, alle 11.10, da Londra parte un volo per Antigua.
La nostra vacanza comincia dunque lì, nella capitale inglese, per uno, due o più giorni, in base al tempo a nostra disposizione.
L'orario del volo per Antigua è perfetto, ci permette di lasciare con calma la città, senza doverci alzare nel cuore della notte.
Il volo dura circa otto ore; quando atterriamo, sul posto sono le 15.55.
Ma il viaggio non è ancora finito...ci attende un altro volo, di circa 20 minuti. La nostra destinazione finale, infatti, è Barbuda.


Qui i turisti sono pochi, e la maggior parte si ferma solo mezza giornata. Mancano le strutture ricettive che offre Antigua, i locali alla moda, gli happy hour. A Barbuda c'è solo una natura meravigliosa fatta di spiagge incredibili di sabbia rosa, animali selvatici, l'acqua fresca e travolgente dell'Oceano e quella calda e silenziosa del Mar dei Caraibi.




Coco Point Lodge e Lighthouse Bay Resort, con le loro piscine, la cucina internazionale, e il servizio all inclusive, sono lontani. Dove siamo noi abita la gente del posto, ci sono i ristoranti che frequentano loro, dove si mangia yucca fritta, riso speziato con platano e pollo, grigliate di pesce freschissimo, e dove si beve dell'ottimo rum mentre si chiacchiera con qualche pescatore.
Il nostro cottage (trovato grazie all'ottimo sito http://www.barbudaful.net/) è sufficientemente spazioso per ospitare due famiglie numerose, da ogni camera si vede il mare, in giardino c'è un barbecue e un grande tavolo in legno dove mangiare tutti insieme. 
E' lì che ci si ritrova dopo il tramonto, e si beve una birra Wadadli mentre si decide dove cenare. Una grigliata di pesce in giardino, o in uno dei ristorantini dei dintorni, e poi di nuovo in spiaggia dove ci attende lo spettacolo più magico dell'isola: distesi su un telo ammiriamo la notte che si veste di diamanti. La serata si conclude con un tuffo in mare, per sentirci parte dell'immenso e abbracciare il mondo.
I giorni passano così, tra passeggiate solitarie in giro per l'isola, pennichelle all'ombra di una palma, merende a base di guava e del dolce e succoso ananas nero di Antigua, serate in compagnia di un libro e di un quaderno dove scrivere il diario di bordo, cene all'aperto e chiacchierate intorno ad un falò.



Dopo una settimana di totale relax e piacevole compagnia si fa ritorno a casa, con le dita che profumano ancora di mare e di spezie, e raggi di sole tra i capelli.
Questo è il viaggio che ancora non ho fatto, ma che un giorno, ne sono certa, farò.

lunedì 15 dicembre 2014

Le pantagrueliche porzioni di cibo americane: mito o realtà?

Prima di partire per il mio primo viaggio americano, tutti gli amici che ci erano già stati mi avevano parlato delle loro abbuffate, e delle porzioni di cibo xxl che venivano servite nei locali. Devo ammettere di essere sempre scettica quando mi parlano di cibo, perchè per me è un argomento molto serio, e non tutti abbiamo la stessa idea di 'porzione abbondante'. Io sono una da fiorentina da un chilo, non da tagliata da 200 gr, per intenderci.
Durante le mie vacanze in America ho avuto la conferma che le porzioni sono effettivamente molto abbondanti, l'americano medio adora abbuffarsi, e ho visto che spesso si ordina più del necessario per assaggiare diverse cose e poi portarsi a casa gli avanzi. Credo anche che l'americano medio non ami molto cucinare, lo si intuisce tra le altre cose dall'enorme quantità di piatti pronti in vendita nei supermercati.
I posti dove si mangia di più sono i classici ristoranti per famiglie, le catene tipo Big Boy e Danny's, dove ci si può scatenare tra hamburgers, piattoni di pasta che lascio volentieri a loro, fritti di ogni tipo, bistecche, e dove trovate sempre anche un buffet dove ci può preparare un antipasto a base di verdure ricoperte da ogni sorta di salse, pasta fredda, bocconcini di simil mozzarella e altro, finchè si attende il proprio piatto.
C'è stata un'occasione in particolare in cui io e il Samu ci siamo sentiti veramente in difficoltà e ne ridiamo ancora oggi.
Ma andiamo con calma.
Era una bellissima giornata di giugno, sulle labbra avevo ancora il ricordo dell'ottima cena messicana della sera precedente, mi dispiaceva molto lasciare San Diego, ma il viaggio doveva continuare.
Un viaggio lungo, ma piacevole, un'infinita strada deserta, paesaggi in mutamento, prima colline brulle, poi rocce, oltre il confine campi di peperoncino profumatissimo, alla radio musica messicana che, se non fosse stato per il cantato in spagnolo e la presenza delle trombe, poteva sembrare l'orchestra di Raul Casadei, e infine deserto, cactus, l'Arizona finalmente.






Siamo arrivati al nostro Days Inn verso le 16. Il caldo era veramente torrido. Abbiamo passato il pomeriggio a riposarci in piscina, e la sera, sempre avvolti da un caldo soffocante e surreale, siamo andati in cerca di un posto dove mangiare. Siamo così finiti al ristorante Pappadeux, un enorme ristorante per famiglie specializzato in pesce.



L'accoglienza è stata come ovunque negli Usa molto calorosa, la nostra cameriera era una ragazza gentile che ha preso subito le ordinazioni delle bevande e poi ci ha consigliato come antipasto da dividere un piatto con un assaggio delle loro specialità: alligatore e gamberi fritti, una zuppetta cremosa di crostacei e molluschi accompagnata da crostini di pane all'aglio, e patatine fritte.


Una goduria... la zuppetta era spettacolare, niente a che vedere con una zuppa di pesce mediterranea, è una specie di fonduta di formaggio ripassata in forno con il pesce, ricca, cremosa, con una crosticina croccante deliziosa. Forse l'alligatore non mi ha convinta del tutto, aveva un retrogusto un pò fangoso.
 Il tempo di finire l'ultimo crostino e la nostra dolce cameriera mi ha portato una calda e croccante baguette (lunga come un braccio).
Ci ritroviamo alla fine di questo piattone sazi e appagati, non c'è posto per altro. Mi guardo intorno e vedo intorno a me gente contenta che gozzoviglia, sfilano piatti di pesce fritto, gamberi alla griglia, ostriche, e nessuno sembra averne mai abbastanza.
Ci sentiamo un pò a disagio, non possiamo dire alla cameriera che siamo a posto con l'antipasto, dobbiamo ordinare qualcosa! Dopo una veloce consultazione decidiamo di ordinare dei bastoncini di mozzarella fritta, giusto per prendere qualcosa. Come previsto la cameriera ci resta un pò male, ma non smette mai di sorridere e in pochi minuti ci porta un piatto di bastoncini di mozzarella...grandi come pannocchie! Non sapevamo se ridere o piangere, ne abbiamo mangiato uno a testa, ma erano veramente grossi, non ce la facevamo più. Mi faccio prendere dal panico e infilo la baguette avanzata nella borsa. Perchè tutti continuano a mangiare e noi non ne possiamo più?
Alla fine la dolce cameriera si rassegna, e ci fa preparare gli avanzi da portare via (vi consiglio di accettarli sempre, ci restano male se li lasciate lì).
Lasciamo il Pappadeux rotolando.
In quella occasione ci siamo sentiti davvero due dilettanti.
Non è una leggenda, le porzioni di cibo americane sono veramente esagerate!







lunedì 8 dicembre 2014

Un pranzo stellare (e stellato)

Rieccomi qui, sono passati mesi dal mio ultimo post, ma in questa latitanza non sono mancati gli spunti. Cercherò di recuperare e di raccontarvi al più presto dei miei viaggi golosi di quest'anno, e voglio cominciare con una delle esperienze più belle del 2014.
Immaginate di essere a Londra (un posto a caso, eheheh) in una soleggiata giornata di agosto. Curioso, dopo l'estate anomala che abbiamo vissuto in Italia, trovare il caldo a Londra. Strano, inaspettato e piacevole.
E' quasi mezzogiorno, state passeggiando per Soho, curiosando tra le bancarelle di cibo orientale, e l'ora del pranzo si avvicina.
Vi ritrovate quasi per caso di fronte all'ingresso del ristorante che avete in mente da un pò. La vetrata blu non lascia intravedere gli interni.
- Vado o non vado? - Mette un pò d'ansia sapere che si tratta di un ristorante con una stella Michelin, ma la curiosità, la voglia di regalarvi un'esperienza gastronomica è forte, e quindi alla fine entrate.
Le luci sono soffuse, il blu vi circonda e vi avvolge in un abbraccio rilassante.



Una signora dallo sguardo dolce vi accoglie e vi accompagna al tavolo.
Al momento i commensali sono pochi. Moltissimi invece i camerieri. Ci sono ragazze con delle tuniche bianche molto chic, dei ragazzi con lunghissimi grembiuli neri, e infine eleganti signori in completi grigi e cravatta azzurra. Chi incrocia il vostro sguardo vi sorride, e sembrano davvero felici che voi siate lì.
Una delle ragazze in bianco vi porta il menu e vi chiede se gradite dell'acqua, ma voi chiedete invece solo del the al gelsomino.
Dopo qualche minuto uno dei ragazzi dai lunghi grembiuli vi porta il the, poi arrivano delle ciotoline con salsa agrodolce e piccante, e dei cetriolini.


La ragazza in bianco prende il vostro ordine: ravioli con gamberi e erba cipollina, e poi noodles piccanti con scampi e capasante.
State per versarvi dell'altro the, quando uno dei signori in giacca e cravatta arriva veloce, prende la teiera e riempie la tazza. Ogni gesto è accompagnato da un sorriso.
L'imbarazzo comincia a scivolare via, cominciate a sentirvi bene, coccolati, rilassati.
I ravioli arrivano dopo una breve, calcolata attesa.
Si intuisce che ogni mossa è pianificata: mentre le bevande arrivano subito, il cibo richiede un certo tempo. I vostri ospiti sembrano sapere bene che un piatto servito troppo in fretta potrebbe far pensare che in cucina sia già tutto precotto e che vogliano farvi mangiare alla svelta per liberare il tavolo, così come un servizio troppo lento potrebbe far pensare ad una certa disorganizzazione.
I ravioli sono meravigliosi, succosi, ricchi di sapore.
Pensate che anche in cucina debbano essere tutti rilassati e sorridenti.
Ogni tanto qualcuno vi chiede se va tutto bene, voi di nascosto fate qualche foto perchè l'esperienza va immortalata, e accogliete con goloso entusiasmo l'arrivo dei noodles, che si riveleranno il piatto piccante migliore che abbiate mai mangiato.
Riuscite a distinguere ogni sapore, gli scampi, le dolcissime capasante, e quando mangiate del peperoncino (tritato fresco e cosparso per tutto il piatto) il piccante vi esplode in bocca, forte, fortissimo, ma senza persistere. E' una sensazione mai provata. Di solito un piatto molto piccante anestetizza un pò la bocca, confonde le papille gustative, nascondendo gli altri sapori, ma in questo caso non succede.
Pur trattandosi di un peperoncino molto piccante, di quelli che fanno venire le lacrime agli occhi e la goccia al naso, una volta deglutito il piccante si attenua, e quando assaggiate uno scampo ne gustate tutta la dolcezza. E' uno straordinario equilibrio di sapori.
Riuscite a mangiare tutto, anche se il piatto era molto abbondante.
Finite il the, e, con molta calma, chiedete il conto.
Quando lasciate il ristorante è passata un'ora e mezza, vi sentite riposati, deliziati, e siete pronti a riprendere il giro della città.
Vi ritrovate all'esterno, le luci soffuse vengono sostituite dal bagliore del sole, per le strade la gente va veloce, qualcuno parla al cellulare, altri camminano mangiando un panino o bevendo un caffè.
Siete tornati a Londra. Riprendete anche voi a camminare, ma senza fretta, sulle labbra ancora il sapore del cibo divino che avete gustato, nella mente il fresco ricordo di un bellissimo viaggio nei sapori d'oriente e nel lusso di un servizio magistrale, un'esperienza che ogni tanto bisognerebbe regalarsi.

Se invece di immaginarlo solamente, volete regalarvi anche voi questo pasto principesco, dovete andare a Londra al ristorante Yauatcha, al 15-17 di Broadwick St a Soho.
Io ho speso 26 £, un prezzo più che onesto considerata la qualità del cibo e del servizio.
Se amate il cibo orientale, questo è il posto per voi.